Gli Appennini meridionali sono l'habitat ideale per diverse specie di anfibi, alcuni comuni ed altri rari: come ad esempio il tritone italico e l'ululone appenninico, entrambi anfibi endemici dell'Italia, aventi in comune il loro ventre giallo-arancione per avvertire della propria tossicità gli eventuali predatori: questo fenomeno biologico è detto aposematismo.
Essi sono bioindicatori ecologici, in quanto la loro presenza garantisce il buono stato di salute dell'ambiente in cui vivono.
Un bioindicatore ecologico dello stato di salute degli ambienti nel quale vive: è il tritone italiano o italico (Lissotriton italicus).
Questo particolare anfibio è una specie endemica dell'Italia centrale e meridionale. Vive in acque stagnanti o poco mosse.
Caratteristica è la sua coda sottile, lunga circa quanto il resto del corpo, provvista di una lamina natatoria che utilizza per spostarsi nell'acqua.
Ed anche il suo ventre, di colore dall'arancio brillante al giallo pallido con macchie più o meno scure per avvertire l'eventuale predatore delle sue secrezioni cutanee tossiche (aposematismo).
Questo esemplare è in stadio larvale: lo si nota dal suo capo con tre branchie ramificate esterne ben visibili, come anche gli occhi grandi e le quattro dita nelle zampe anteriori.
Pensate che in alcune circostanze riguardanti il suo habitat, può osservarsi il fenomeno della neotenia, ovvero il persistere di caratteristiche morfologiche e fisiologiche tipiche delle forme giovanili.
Ecco un meraviglioso ululone appenninico (Bombina pachypus).
Si tratta di un endemismo italiano: lo si ritrova a sud del Po, lungo tutta la dorsale appenninica sino alla Calabria.
Il colore del suo ventre avverte gli eventuali predatori della sua tossicità (aposematismo), mentre il suo nome si riferisce al richiamo ululante del maschio per attrarre la femmina.
La sua lunghezza massima è di 6 cm, con pelle ruvida per la presenza di piccole escrescenze ghiandolari.
Questa specie in pericolo, che ha subito un drammatico declino in gran parte del suo areale da circa 10 anni, non va confusa con l'ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), una specie molto simile che è invece presente in Europa centrale e Balcani.
Una salamandrina dagli occhiali (Salamandrina terdigitata) trovata tra le rocce di un torrente poco prima di una cascata.
Questo piccolo anfibio, è una specie endemica italiana che si trova soltanto in Molise, sugli Appennini e nei valloni della Valle del Bradano.
Si presenta di colore nero o bruno sul dorso, con macchie bianche e rosse visibili su zampe e coda, e ventre con disegno bianco, nero e rosso, diverso in ogni individuo.
«Dagli occhiali» perché sulla testa ha una macchia di colore chiaro e forma caratteristica situata da un occhio all'altro. Rispetto ad altri urodeli, ha 4 dita sulle zampe, invece di cinque.
La sua colorazione vivace segnala a tutti i potenziali predatori, che è tossico.
Si nutre in acqua, dove cattura le sue minuscole prede (invertebrati d'acqua dolce, principalmente crostacei, larve di insetti acquatici, platelminti).
Un raro e fantastico tritone crestato italiano (Triturus carnifex), la specie più grande d'Italia.
Questa specie, come molti altri anfibi, presenta caratteristiche morfologiche variabili in relazione alla fase del ciclo vitale.
Nella fase terrestre, (sottobosco, aree umide in prossimità di stagni e paludi, ecc.) il loro corpo si presenta generalmente di colore grigio, olivastro-giallastro oppure marrone scuro, con grandi macchie nere tondeggianti distribuite in modo irregolare.
In particolare gli individui sessualmente immaturi e le femmine adulte mostrano frequentemente una striscia longitudinale di colore giallo dalla nuca fino alla punta della coda ed il ventre arancione con grandi macchie nere irregolari.
Mentre i maschi adulti presentano anche una fascia biancastra su entrambi i lati della coda.
💧 Durante la fase acquatica, invece, coincidente col periodo riproduttivo, i colori si fanno più chiari e le macchie dorsali più contrastate, ed i maschi esibiscono una cresta dorsale dentellata con la funzione ornamentale del corteggiamento per gli accoppiamenti che avvengono in genere da dicembre a giugno. Si nutrono prevalentemente di piccoli invertebrati e larve di insetti.
☀ Curiosità: nelle regioni più meridionali essi compiono un periodo di letargo estivo (estivazione) con lo scopo di limitare il rischio di disidratazione evitando qualunque attività (spostamento, caccia, ecc.) durante i periodi più caldi e secchi dell'anno, trascorrendoli nascosti sotto tronchi, pietre, cumuli di foglie, oppure sfruttando tane abbandonate da altri animali.
La famosa salamandra pezzata (Salamandra salamandra)
E' emozionante incontrare questo magnifico anfibio, nemmeno tanto piccolo, che con la sua colorazione , avverte i possibili predatori di stare alla larga (aposematismo).
Infatti presenta delle ghiandole sulla pelle che emanano una secrezione nociva e irritante.
Siamo riusciti a fotografare una meravigliosa raganella (Hyla sp.), ben mimetizzata tra le foglie.
Esse si nutrono di artropodi e altri invertebrati acquatici e terricoli. Sono prevalentemente arboricole, ma si trovano anche in mezzo alle erbe palustri, nei campi in prossimità di fossi e risaie.
Sono legate all'acqua per la riproduzione.
Il rospo comune (Bufo bufo) è l'anfibio più grande d'Europa, potendo raggiungere addirittura i 20 cm.
Caratterizzato dal suo gracidio acuto, dalle sue zampe corte, dal muso schiacciato, dalle pupille orizzontali e con delle verruche prominenti sul dorso, il suo collo presenta due ghiandole parotoidi ovali che contengono un liquido biancastro irritante per le mucose che può essere secreto in caso di pericolo ed è in grado di ustionare e ferire anche l'uomo.
Dopo il letargo invernale, in primavera, per la stagione degli accoppiamenti: i rospi adulti si recano vicino ai luoghi di riproduzione come corsi d'acqua, pozze o stagni, a volte percorrendo anche diversi chilometri.
Nel momento dell'accoppiamento i maschi si aggrappano alle ascelle delle femmine, che sono visibilmente più grandi.
La femmina poi deporrà in acqua circa 10 000 uova in un cordone gelatinoso, che contemporaneamente verranno fecondate dal maschio.
Le uova poi si schiuderanno, facendo uscire i girini neri.
Questi, nutrendosi soprattutto di alghe e altri minuscoli materiali organici, cresceranno, finché arriverà il momento della metamorfosi, condizionata dalla temperatura dell'acqua: un aumento di essa sarà un efficace indicatore, significherà che la pozza probabilmente si sta prosciugando.
Un bellissimo esemplare di rospo smeraldino (Bufotes viridis)
L'errore commesso da molti, quando si rilibera un rospo, è quello di lasciarlo in un laghetto o peggio, in un corso d'acqua;
I rospi vivono in prossimità di pietraie e legnaie, non sono strettamente acquatici come le rane, avvicinandosi a stagni o bacini con lento movimento d'acqua solo nel periodo riproduttivo
Ogni rilascio in corsi d'acqua o laghi, potrebbe potenzialmente condannarli all'annegamento.
Una rana appenninica (Rana italica), endemica dell'Italia.
Diffusa dagli Appennini alle zone costiere tirreniche, oltre che nel Gargano. Presente nei torrenti e ruscelli, spesso in montagna.
E' confondibile con la Rana agile (Rana dalmatina), che presenta alcune differenze, ad esempio la sua striscia laterale bianca della prima si interrompe a metà mascella, mentre in quest'ultima segue l’apertura boccale per tutta la sua estensione, fino all’apice del muso.
E infine lei!
La rana ibrida dei fossi o rana comune o rana verde (Pelophylax esculentus), strettamente legata all'acqua, è la specie più comune in gran parte dell'Europa occidentale, centrale e orientale.
E' fondamentale sapere che gli anfibi allo stadio larvale hanno vita acquatica e respirano con branchie che sporgono all'esterno del corpo. Soltanto da adulti sviluppano i polmoni: la respirazione polmonare tra l'altro viene integrata da una respirazione che avviene direttamente attraverso la pelle, molto sottile e sempre umida.
Per la salvaguardia degli anfibi e per evitare di trasmettere loro malattie non si devono assolutamente toccare a mani nude ed asportarle dal loro habitat. E' da ricordare che sono animali a sangue freddo per cui c'è il pericolo di causare uno shock termico visto che la nostra temperatura corporea è sui 37 gradi centigradi.
Se proprio si fosse costretti a toccarli, ad esempio per spostarli da una situazione di pericolo, come una strada perché rischiano di venire schiacciati dalle auto in transito, e non si è muniti di guanti, come a volte ci è successo, dobbiamo accertarci che le nostre mani siano bagnate e il contatto duri il minimo indispensabile.
Le mani bagnate asportano meno muco che ricopre l'epidermide dell'animale rispetto a quelle asciutte.
Da considera che un neometamorfosato (ad es. un piccolissimo rospetto) può resistere molto meno di un grosso adulto, perché a rischio surriscaldamento e disidratazione.